La “missione” dell’In Volley è creare Atlete di Volley di alto livello da segnalare nelle Selezioni Provinciali, Regionali, Nazionali, ed infine avviare queste Atlete all’attività nelle più importanti Società Italiane di Serie A con le quali In Volley ha rapporti tecnico/formativi.
L’obbiettivo principale è valorizzare i talenti locali Piemontesi: questo approccio fortemente legato al territorio circostante favorisce uno sviluppo psico-fisico ottimale in quanto le ragazze possono tornare a casa tutte le sere e continuare ad avere una loro vita privata.
Lo Staff Tecnico è selezionato sulla base di un Alto Standard Qualitativo, questo garantisce una forte attenzione sulla tecnica di base e sul miglioramento delle abilità individuali. La disciplina metodologica e la voglia di divertirsi sono alla base del successo In Volley, le vittorie conseguite sono solo un risultato di questi due aspetti. L’approccio scientifico della metodologia degli allenamenti è uno dei fattori critici di successo dell’In Volley; le nostre Atlete si allenano 10 ore a settimana e giocano circa 2 ore, questo fa sì che gli allenamenti siano l’aspetto più importante in assoluto.
L’attività ludico motoria di pre-Minivolley nelle Scuole, il Minivolley e lo Scouting nelle diverse realtà del Territorio sono alla base della piramide formativa dell’In Volley.
Grande attenzione si pone sull’aspetto della prevenzione traumi e rischio cardiologico con la collaborazione dell’Ospedale Regina Margherita di Torino. La salute delle nostre Atlete è una priorità assoluta, esattamente come l’Istruzione Scolastica che non deve passare mai in secondo piano rispetto all’attività agonistica.
Tra gli obiettivi che vogliamo perseguire nella pratica della nostra disciplina sportiva non c’è soltanto quello di incrementare le capacità tecniche e motorie degli atleti ma anche quello fondamentale di favorire l’apprendimento di norme, regole e modelli di comportamento che saranno sperimentati in modo costante sia in allenamento che in gara. In questo modo il nostro sport può facilitare l’acquisizione di quelli che sono i principi basilari del vivere in società, cioè il rispetto di leggi e codici prestabiliti per il bene della collettività.
Ogni organizzazione, entità o associazione, in particolare sportiva, si deve assumere la responsabilità sociale dei propri comportamenti e dei propri valori. Questo significa includere la conoscenza degli effetti delle proprie azioni sul mondo e sugli altri. L’allenatore e lo staff dirigenziale sono un punto di riferimento per il giovane, al di fuori della propria famiglia: sono modello di comportamento, di coerenza e di rispetto delle regole, esplicito e non.
Per cui è necessario porre attenzione non solo agli aspetti tecnici ma anche a quelli gestionali poiché, con il proprio comportamento, tutti gli operatori sportivi (dirigenti e tecnici) possono influenzare il proprio ambiente di riferimento e quello delle associazioni vicine. In altre parole, il valore sociale dello sport e dell’organizzazione di riferimento non può essere semplicemente considerato in termini di “risultato sportivo” ma dipende soprattutto dalla qualità del contesto, dalla competenza degli operatori coinvolti e dalla capacità di sostenere e affrontare i bisogni dei diversi attori per i quali è più che mai necessario assumere un comportamento sociale coerente e responsabile.
Lo sport nel periodo adolescenziale promuove alcuni fattori protettivi che contribuiscono al benessere psicologico, fisico e sociale dei ragazzi, Indipendentemente dal risultato sportivo raggiunto. Una sconfitta o una scelta arbitrale non favorevole in una competizione importante possono scatenare momenti di nervosismo o di frustrazione anche nei genitori e sfociare in comportamenti antisportivi o diseducativi, come un tifo scorretto verso l’avversario o insulti all’arbitro.
E’ compito della Società Sportiva richiamare questo tipo di comportamenti in quanto incitano il giovane atleta, gli altri compagni di squadra e gli avversari all’insulto, all’arroganza e alla violenza. In questi casi la responsabilità degli adulti è doppiamente grave poiché, oltre ad offrire uno spettacolo deplorevole, propongono ai giovani atleti un modello di comportamento disfunzionale e privo di limiti.
Nel momento in cui un atleta o una squadra perde una competizione sulla quale esistevano forti aspettative si scatena una grossa delusione che può provocare un sentimento di grande frustrazione unita ad insicurezza. In un primo momento possono essere presenti emozioni di rabbia verso l’arbitro, il pubblico o l’avversario. L’espressione di queste emozioni deve essere comunque controllata per mantenere il rispetto verso tutti. Successivamente, attraverso un’analisi obiettiva, è necessario far luce sugli errori commessi per migliorare e acquisire ulteriori strumenti e capacità, utili ad affrontare la situazione futura in modo migliore. Colpevolizzare gli altri delle proprie sconfitte non permette di trovare soluzioni per poter vincere le sfide successive. Analizzare i propri errori e quelli della propria squadra può essere utile per trovare strategie utili a non ripetere gli stessi nel tempo. In sintesi, la sconfitta può anche essere occasione di crescita tecnico-tattica e di miglioramento dell’unione di squadra.
A partire dalla “Carta Etica”, dove ci si richiama maggiormente ad un principio volontaristico di auto-regolamentazione con l’intento di ricercare il miglior allineamento possibile tra tutti gli attori che partecipano agli eventi sportivi, siamo arrivati al “codice etico”, un documento dove si concretizzano i principi etici precedentemente esposti in alcune semplici regole da applicare durante le manifestazioni sportive. Durante le gare, sarà in parte l’arbitro designato dalla F.I.P.A.V. ed in parte i membri dello staff (dirigenti ed allenatori tesserati) a far rispettare a tutti le regole del seguente “codice etico”.
Per lo staff “La responsabilità sociale”
Per i Genitori “Lo sport e la crescita dei giovani Atleti”
Per le Atlete “Accettare la sconfitta e saper vincere”
Il Presidente
C. Tabusso